E’ vero, a Genova c’avevamo ragione noi, quelli che finiti quasi per caso neanche si immaginavano come sarebbe andata, e quelli che l’avevano capito ma ci sono andati lo stesso. C’avevamo ragione tutti/e, perché era già tardi per rimandare. Per anni abbiamo sentito dirci che era ovvio, certo era nell’aria, che eravamo stati degli ingenui, mentre i fatti di Genova e quelli globali precipitavano nel vortice da cui oggi non riusciamo a districarci. Allora forse, a quindici anni di distanza, è arrivato il momento di ri-leggere ad alta voce le narrazioni che ci hanno spinto lì e che ancora oggi ci spingono a cercare forme di vita più longeve dei modelli mortiferi di chi ha vinto in quei giorni.
GENOVA G8: 15 ANNI 1 DOMANDA
di Angelo Miotto e Christian Elia
Carlo Giuliani assassinato, la scuola Diaz, le botte nei cortei, le violenze a Bolzaneto, la sospensione dei diritti democratici, la tortura. Ogni volta che si sgrana questo rosario, negli ultimi tempi, c’è quel quindicenne che si incontra per le strade, nato mentre qui, nel suo, nel nostro Paese, si consumava una ferita che per alcune generazioni non si è chiusa mai del tutto.
http://www.qcodemag.it/2016/07/20/genova-g8-15-anni-1-domanda/
Genova: l’ingranaggio collettivo e la legge della memoria
di Francesco Festa
In questi quindici anni tanti hanno parlato di Genova: hanno scardinato gli archivi della memoria singolare, alla ricerca della verità, come avventura collettiva per l’affermazione di una storia altrimenti. Una ricerca che non è stata la missione impossibile di inchiodare uno, cento o mille alle sbarre, affare oltretutto non propriamente italiano, né tantomeno borghese e del potere costituito: l’ammissione di colpa e l’espiazione della pena. Piuttosto è stata una ricerca ostinata, una lotta collettiva, eterogenea per non cancellare il sangue e consolidare la storia di coloro che camminano verso il vero e il giusto.
http://www.euronomade.info/?p=7578
Tu che straparli di Carlo Giuliani, conosci l’orrore di Piazza Alimonda?
di Wu Ming
Partiamo da una verità di base: tutto quello che la maggioranza degli italiani sa della morte di Carlo Giuliani è falso.
Pochi giorni fa, in Piazza Alimonda, i soliti ignoti hanno danneggiato la targa in memoria di Carlo, imbrattandola con un getto di inchiostro nero.
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=9071
La riflessione di ZeroCalcare
Siccome mi hanno sospeso la pagina fan per il post sull’iniziativa di Genova nell’anniversario del G8 del 2001 di domani, e la riapertura passava per la sua rimozione,e ora è uscito pure un articolo di wired sulla vicenda vale la pena spendere due righe [...] pensavo vabbé, Genova è una partita chiusa. Sclerotizzata, immutabile, ormai esiste un blocco sociale in questo paese che pensa che era giusto sparare in faccia a Carlo Giuliani, e quella roba ormai è inscalfibile. [...] E invece evidentemente Genova non è finita (c’è chi lo dice da tempo, lo dico pure io ma ammetto di averlo usato più come uno slogan che altro), non solo –ma basterebbe quello- perché ci sta ancora una persona in galera a 15 anni di distanza dai fatti (e altre sottoposte a misure e restrizioni) mentre altri venivano promossi e facevano carriera, ma perché è la controparte e pezzi dei suoi apparati che continuano a fare una guerra accanita e che sulla narrazione di quelle giornate non vogliono mollare di un centimetro.
Genova 2001, tutti i punti oscuri: cause ed effetti sull’Italia
di Antonio Cipriani
Adesso basta. Siamo stanchi di una narrazione tossica sul G8 di Genova del 2001. Stanchi in genere di quello che la narrazione tossica, declinazione di una politica tossica al servizio non certo degli interessi dei cittadini, sta provocando in Italia e non solo. Mi guardo intorno, quindici anni dopo, e vedo un Paese allo stremo. Impoverito e scemo. Senza coraggio, dove le armi dell’intelligenza e del senso sociale del vivere in una collettività sono sostituite dal niente. Dove il manganello e il razzismo sono accettati socialmente.
Dire Genova vuol dire ferite profonde
di Fede
Sulla curva a destra c’era una scritta perfetta, come concisione, senso e tratto del writer “ASSASSINI” sulla curva a sinistra una ben più triste “i martiri non muoiono mai” rimpicciolivano anche le lettere mano mano. Un compagno di Feltre mi disse:
– dopo andiamo a correggerla in “i martini non muoiono mai”
Dissacrante, ma giusto.
Eravamo tutto, meno che martiri. Mentalità lontana. Avere vent’anni, avere sogni grandi, voglia di mondo, sensazione di potenza, immischiarsi (alla marsigliese) era figo e quella volta era venuto tutto il mondo a darti una mano in quello che avevi messo in piedi.
http://milanoinmovimento.com/racconti/dire-genova-vuol-dire-ferite-profonde